Storia di un salvataggio
Sono passati più di due anni, ma in Cina tutti ricordano ancora l’incredibile storia della balena di Shipu. La storia di un salvataggio impossibile, che aveva catturato l’attenzione di tutti i giornali e le televisioni, conclusiosi – contro ogni previsione – con un miracoloso lieto fine. La balena del racconto è in realtà un capodoglio e la sua storia inizia alle prime luci dell’alba del 19 aprile 2022 sulla spiaggia della città di Shipu, nella regione cinese di Xiangshan.
Sono i pescatori che rientrano con le loro barche dopo una nottata trascorsa in mare a fare la scoperta. Sulla grande spiaggia giace inerme il corpo di un gigatesco capodoglio maschio, lungo 20 metri e dal peso stimato di oltre 70 tonnellate. Viene dato l’allarme, e in poche ore la spiaggia si riempie di pescatori, curiosi, autorità e mezzi di soccorso. Il grande cetaceo è ancora vivo.
Respira, ma è completamente bloccato nella fanghiglia e può muovere a malapena la coda. I primi tentativi di soccorso furono piuttosto maldestri. Semplicemente venne legata una fune ad una imbarcazione da pesca, che tentò un impossibile traino verso il mare aperto, riuscendo tuttavia soltanto a peggiorare la situazione e ad impantanare ancora di più l’animale. A complicare ulteriormente le cose arrivò la bassa marea, togliendo anche quel poco di acqua che i soccorritori avevano a disposizione per tenere costantemente bagnata la pelle del capodoglio. Le ore intanto passavano, e via via che il grande cetaceo si indeboliva, smettendo completamente di muoversi, le speranze si affievolivano.
Per salvare la balena di Shipu serviva un miracolo. E più o meno è proprio quello che avvenne. Alle 21,30 la marea tornò ad alzarsi. In quelle lunghe ore, una incessante catena umana aveva continuato a lavorare senza sosta per tenere la pelle della balena bagnata, pulendo le ferite che andavano formandosi e somministrando farmaci. Il tempo a disposizione per tentare un salvataggio era ormai drammaticamente agli sgoccioli. Quando queste gigantesche creature sono in mare l’acqua sostiene uniformemente il loro peso, ma quando sono arenate i muscoli premono sugli organi interni, fino a causarne il collasso. Si decise di fare un ultimo disperato tentativo, approfittando del ritorno della marea. Questa volta al capodoglio vennero legate tre potenti imbarcazioni. In aggiunta, si posizionarono sui fianchi diverse grosse boe, che avrebbero aiutato a sollevarne il corpo. Intanto, i volontari di ogni età scavavano solchi tutto intorno all’animale, cercando di rimuovere ogni possibile ostacolo lungo il percorso verso il mare.
L’operazione di traino durò tutto il giorno: per non danneggiare la pelle era necessario procedere a bassissima velocità, con soste frequenti per poterla mantenere costantemente bagnata. Alle 21,30 la balena raggiunse l’acqua e iniziò a galleggiare. Ma il lavoro non era finito. Soltanto allo spuntare dell’alba, alle 5,30 del mattino, raggiunto un tratto di mare profondo 28 metri, i soccorritori decisero di recidere le funi che imbragavano la balena legandola alle boe e alle imbarcazioni. L’attimo più atteso da tutti era finalmente arrivato. Il capodoglio si immerse rapidamente con pochi possenti colpi di coda. Poi riemerse più volte, spruzzando acqua e agitando le pinne, quasi a voler ringraziare e salutare i suoi soccorritori.
Quindi si immerse e scomparve verso il mare aperto. Verso la libertà. Questa è la storia della balena di Shipu.